Il ritrovamento
Era all’incirca l’estate del 2017 allorquando un mio amico collezionista di TV valvolari mi aveva mostrato le foto del suo ultimo acquisto, un televisore a “consoletta” della Autovox, recuperato presso un rigattiere di Firenze.
Esternamente già si intuiva trattarsi di un ricevitore molto arcaico, ma quando mi mostrò le foto dell’interno rimasi stupefatto: il cuore del TV, il tubo a raggi catodici era completamente di un tipo che non pensavo esistesse su un televisore di produzione italiana, in quanto aveva uno schermo perfettamente circolare! Venni quindi a sapere che, per quanto se ne sa ad oggi, quel TV Autovox TX212 era l’unico televisore con tubo catodico a schermo circolare (o “roundie” come dicono gli anglofoni) prodotto in serie immesso sul mercato italiano (escludendo quindi la fase sperimentale della Televisione italiana), in quanto nell’anno di avvio delle trasmissioni regolari tale tipo di tubi era praticamente già obsoleto.
Si badi bene che ho scritto “immesso sul mercato italiano” e non “prodotto in italia”, perché questo TV in realtà era prodotto a Southend On Sea dalla famosa ditta Ekco e soltanto marchiato Autovox; anche il design del mobile è di derivazione da analoghi modelli coevi della casa britannica. Il Pannello posteriore parla di “collaborazione” tra la Autovox e la Ekco ma è difficile dire in cosa sia consistita questa collaborazione: probabilmente la casa romana, all’avvento delle nuove trasmissioni televisive, non si trovava ancora pronta ad immettere sul mercato un apparecchio ricevitore di televisione, e decisero quindi di mettersi in contatto con una ditta con diversi anni di esperienza nel settore.
Lo standard televisivo inglese però all’epoca era alquanto diverso da quello in uso in Europa occidentale (CCIR, ad esclusione della Francia), quindi presumo che i tecnici britannici si fossero trovati comunque a dover compiere uno sforzo progettuale. Un indizio in tal senso è l’aspetto quasi “prototipale” dello chassis, disseminato di test point realizzati con occhielli che lo attraversano mediante isolatori passanti, facenti capo a svariati punti del circuito. Dato che secondo il manuale di servizio solo pochissimi di questi punti di test sono impiegati per la ricerca guasti o l’allineamento, di altro non si tratta che di strumenti usati in fase di progettazione, avanzo quindi l’ipotesi che questo fosse uno chassis “sperimentale”, diventato poi definitivo per la necessità di immettere sul mercato il prodotto in tempi stabiliti (il cosiddetto “time to market” …).
Tornando al ritrovamento, dopo la telefonata col mio amico, non so per quale ragione, o forse per mano del destino, provai a inserire nella barra di ricerca del famoso sito di annunci gratuiti il modello in questione, e incredibilmente, proprio a nella stessa città uscì il secondo esemplare!
Contattato il venditore, mi feci mandare delle foto per controllare le condizioni del TV, che sembravano a dire poco precarie, con tracce di ruggine, corrosione, fili strappati e rosicchiati, e tarli nel mobile. Mancava anche il pannello posteriore, cosa che in questo tipo di TV è molto rischiosa perché espone il collo del tubo catodico a urti con conseguente rischio di rottura.
La cosa strana inoltre era che il collo del tubo sembrava molto più corta del dovuto: questo tipo di tubi, detti a 70° in virtù dell’angolo di deflessione del pennello elettronico, avevano un collo molto lungo, inoltre il confronto con le foto dell’esemplare acquistato dal mio amico non lasciava adito a dubbi: c’era qualcosa che non andava. Lo zoccolo del tubo era al suo posto, ma era difficile dire se il tubo fosse sano oppure spaccato perché era tutto avvolto con del nastro isolante nero; collezionisti più “scafati” di me mi dicevano di diffidare perché ne avevano viste di tutti i colori coi tubi catodici, compresi tubi col collo spaccato e ricomposto appunto col nastro isolante nero come in questo caso…ad ogni modo il venditore garantiva che rotto non era.
Considerato che il prezzo era adeguato anche per un TV che nella peggiore delle ipotesi, anche non funzionante sarebbe comunque un cimelio, decisi di bloccare la vendita, e attraverso alcune vicissitudini e intermediari che non mi stancherò di ringraziare, riuscii a far portare il TV in zona per me più accessibile.
Quando il TV arrivò a casa era avvolto di cellophane da imballaggi quasi completamente ad eccezione di qualche fessura nella parte inferiore, dal cui pertugio uscivano in maniera preoccupante grandi quantità di escrementi di ratto, oltre a una valvola e vari pezzi di legno… Quando lo disimballai questo era il triste “spettacolo” che si presentava ai miei occhi:
In pratica il povero TV dopo anni di onorato servizio doveva essere stato abbandonato in una cantina umida e malsana divenendo l’abitazione di una famiglia di ratti, i quali avevano usato il telaio come giaciglio e soprattutto “toilette”. Sfortunatamente l’urina dei roditori, particolarmente alcalina, è estremamente corrosiva per i metalli a tal punto che su questo telaio gli escrementi avevano creato una “amalgama” con la ruggine fino a formare uno strato spesso alcuni millimetri e particolarmente duro.
L’urina era poi passata anche sotto le varie medie frequenze, negli zoccoli delle valvole, nei trasformatori, insomma un disastro (avrete già capito che chi fa questo genere di restauri non deve essere una persona del tutto sana di mente). Nella seguente immagine un esempio della corrosione sotto il telaio:
Il restauro
Per prima cosa decisi di iniziare con una “bonifica” del telaio: dopo aver aspirato e poi soffiato con aria compressa, decisi di fare un trattamento che di solito riservo ai casi disperati: lavaggio con acqua e sgrassatore, in pratica una vera e propria doccia, avendo cura per quanto possibile di non bagnare trasformatori e altri componenti “critici”. Per rimuovere lo spesso strato di ruggine mista a escrementi di ratto la sola azione dell’acqua e detersivo non bastava, dovetti quindi aggredirlo a colpi di martello e scalpello fino ad arrivare al metallo nudo sottostante.
Asciugato lo chassis, continuai la rimozione della ruggine e delle incrostazioni con carta vetrata e spazzola di acciaio, dopodiché ripassai tutte le parti così ripulite con lo zincante a freddo.
Nelle seguenti immagini due fasi del lavoro:
Una volta pulito il telaio, passai a verificare il tubo catodico: questa sarebbe la prima operazione da fare su un TV così, dato che un tubo guasto sarebbe uno “show stopper”, ma avere per le mani un telaio in quello stato era una cosa che non potevo tollerare. Ad ogni modo, usando un circuito che mi sono costruito apposta, in grado di erogare +300 volt da collegare alla G2 e una tensione variabile da 0 a -150 volt da collegare alla G1 e un milliamperometro connesso tra catodo e massa, fui in grado di misurare l’emissione del catodo risultata pari a 1.36 mA, che è un risultato eccellente, considerato che un CRT perfettamente efficiente ha una emissione di 1mA e per una visione ancora accettabile sono sufficienti 500uA.
Parlando del tubo, nelle righe precedenti accennai alla anomalia del collo corto di questo CRT: ebbene, indagando più a fondo sono emerse cose interessantissime. Il tubo in questione sarebbe un CRM153 prodotto dalla Mazda; ed in effetti la sigla è ancora stampigliata sul tubo, ma sia confrontando i manuali che l’esemplare in possesso del mio amico, molte cose non tornavano:
• La tensione di accensione: l’originale si accendeva a 12 volt, questo a 6.3 (meno male che sono stato attento…)
• La suddetta “cortezza” del collo
• La mancanza della “trappola ionica”
• Il dispositivo di focalizzazione: magnetica sul tubo originale, elettrostatica su questo; è stata fatta una modifica sullo zoccolo del CRT per portarvi la tensione apposita, manca di conseguenza tutto il l’equipaggio per il fuoco magnetico
• L’attacco per la alta tensione o EAT: maschio sull’originale, femmina come sui tubi più moderni su questo
• La mancanza dello strato di grafite esterno: come su tutti i tubi arcaici, il tubo originale ne era privo, e il livellamento della EAT era affidato ad un condensatore esterno per alta tensione, ben visibile sull’esemplare del mio amico. Anche questo tubo ne era privo, ma era privo anche del condensatore quindi resta un mistero come facesse a funzionare correttamente.
Tutti questi indizi portavano in una sola direzione: all’epoca, quando i tubi catodici avevano un costo considerevole, esistevano aziende che ne effettuavano la ricostruzione a prezzi più vantaggiosi rispetto all’acquisto di un ricambio originale, per cui ad un certo punto della sua storia il CRT era stato ricostruito; La ricostruzione avveniva aprendo il collo del tubo, rifacendo un nuovo cannone, saldandolo al vetro esistente e ricreando il vuoto. Successivamente osservando meglio il tubo, compresi anche quando e da chi tale operazione fu compiuta:
Evidentemente il tubo originale durò 10 anni dopodiché fu inviato alla SEV – Società Elettronica nel Vuoto di Bologna per la ricostruzione. Durante le mie ricerche non ho trovato molte informazioni su questa ditta, se non un altro tubo recante questo marchio, e la seguente immagine tratta dalla copertina di un catalogo, se qualcuno avesse informazioni più dettagliate lo prego di mettersi in contatto con me.
Una volta appurato che il tubo era a posto, provai il secondo componente “critico”, ossia il trasformatore di riga (o di deflessione orizzontale) il quale essendo un dispositivo che lavora ad alta tensione, ed avendo vissuto gli ultimi anni in un ambiente del genere, era decisamente a rischio.
Purtroppo ad un primo esame, l’avvolgimento secondario ad alta tensione risultava interrotto. Comunque, per prima cosa lo lavai a parte e gli feci un trattamento di essiccazione in forno a 50 gradi per 24 ore per essere sicuro di espellere tutta l’umidità poi lo ispezionai per tentare di identificare l’interruzione e fui fortunato dato che si trovava al di fuori dell’avvolgimento, al disotto di uno strato di nastro adesivo che ancorava il terminale inferiore della bobina al supporto sottostante, e fu quindi facile da riparare. Il secondario EAT, o “ciambella” come viene definita in gergo dagli addetti ai lavori, era stata pure rosicchiata dal roditore, ma per fortuna senza intaccare troppo il rame sottostante, quindi me la cavai con una spennellata di vernice anti corona e una stuccata con la paraffina.
Il restauro elettrico iniziò quindi con la parte di alimentazione: questo TV ha un raddrizzatore al selenio a singola semionda (quella specie di “radiatore” nero che attraversa longitudinalmente il telaio); tentai di verificarne la resistenza interna in polarizzazione diretta e l’isolamento in polarizzazione inversa e sembrava dare buoni risultati, ma tenendo presente che mostrava pure lui segni di corrosione e che sottoposto a tensione alternata emetteva un certo odore tipico di uova marce, decisi che la scelta migliore era la sostituzione. Lasciatolo “fisicamente” al suo posto ma scollegato, lo rimpiazzai con un circuito che ne imita le caratteristiche, formato da un diodo al silicio, uno zener da 18 volt e una resistenza che ho successivamente dimensionato in modo sperimentale fino ad ottenere la tensione anodica corretta.
Una volta ottenuta una sorgente di tensione anodica “in situ”, ho provato a vedere se potevo rigenerare almeno una parte dei condensatori elettrolitici: per fare questo è necessario alimentarli alla tensione nominale di lavoro, interponendo una resistenza in serie tale da limitare la corrente assorbita per evitare il riscaldamento, e dare il giusto tempo al condensatore di riformare lo strato di ossido sull’armatura di alluminio. Quando la caduta di tensione sulla resistenza diviene nulla o comunque di un valore accettabile, si può scollegare e misurare la capacità e se in tolleranza, il condensatore può dirsi a posto. Riguardo i dettagli di questa procedura, in rete si trovano diverse pagine a riguardo pertanto non mi dilungherò, posso solo aggiungere che di solito quelli di grossa capacità (100 uF e oltre) si riescono a rigenerare, mentre quelli da pochi uF no. Non ne conosco la ragione, ad ogni modo ne ho avuto conferma anche in questo caso, dove per fortuna i grossi condensatori in alluminio fissati al telaio si sono salvati e sono rimasti al loro posto.
Dopo aver rigenerato o sostituito dove necessario gli elettrolitici, decisi di armarmi di pazienza e, schema alla mano, battere tutto il circuito, componente per componente per trovare e sostituire quelli difettosi. Purtroppo, oltre ai soliti famigerati condensatori a carta, tutti rigorosamente in perdita, questo TV usa resistenze a impasto di carbone, che sono soggette ad andare in deriva col tempo e che infatti erano in buona parte fuori tolleranza.
Per evitare di stravolgere l’aspetto del telaio, dove possibile ho svuotato i vecchi condensatori e li ho riempiti con quelli nuovi, operazione che in questo caso è stata possibile pure con le resistenze: sono infatti costituite da un cilindretto ceramico, quindi se si riesce a rimuovere i terminali e il tappo di sigillante, è possibile svuotarle e infilarci dentro quelle nuove (stando attenti che la potenza dissipabile sia la stessa delle originali).
Al controllo dei trasformatori, uno è risultato interrotto, guarda caso quello che aveva il rocchetto che fuoriusciva verso la parte superiore del telaio e che quindi era esposto alle deiezioni dei roditori. Fortunatamente era il finale audio, quindi la sostituzione è stata semplice, è bastato scollegare il vecchio e avvitare il nuovo in un punto libero sotto il capiente telaio.
Già che ero nel circuito audio, ho dovuto sostituire anche il cavo schermato del potenziometro: inizialmente avevo messo un “normale” cavo schermato per BF, ma successivamente ho verificato che datala lunghezza del tratto e data la alta impedenza del circuito, era necessario usare un cavo a bassa capacità, pena una perdita dei toni alti e un audio quasi da “onde medie”.
Prima accensione
Dopo aver verificato tutto il circuito e controllata l’efficienza di tutte le valvole, nel frattempo mi era arrivato il condensatore per la EAT da 1nF 30 kV (dato che il mio tubo non era grafitato, il condensatore ci andava, se aveva funzionato senza lo aveva fatto “per fortuna”), che grazie al cielo sono fatti oggi come 65 anni fa, passo della vite di fissaggio compreso.
A questo punto ero pronto a tentare la prima accensione: collegai il variac e pian piano alzai la tensione fino al valore nominale. Dopo aver atteso diversi minuti, mi resi conto che qualcosa si muoveva, ma non avevo alta tensione, quindi niente “raster”, e neppure audio. Fino a questo punto avevo ancora il tubo ancorato al mobile, ma ora decisi di staccarlo con grande cura, e di porlo sul banco a fianco al telaio.
Non avendo alta tensione, la prima cosa da verificare era lo stadio oscillatore orizzontale: verificai che era bloccato, non oscillava. Dopo una faticosa ricerca, scoprii che gli zoccoli delle valvole coinvolte avevano le mollette dei contatti completamente corrose oppure spezzate. Per lo stesso motivo anche lo stadio audio non funzionava; decisi quindi di fare un controllo a tappeto anche degli zoccoli e sostituii con non poca fatica quelli danneggiati con dei ricambi di pari qualità.
A questo punto feci un nuovo tentativo di accensione, questa volta senza CRT e senza finali collegate, per vedere se avevo oscillazioni:
Ebbene, questa volta l’oscillatore era a posto, potevo collegare il tubo e riprovare, con tanta emozione:
Bingo! Non un bel quadro, ma già un ottimo punto di partenza: presenza di raster significa un sacco di parti critiche a posto!
Purtroppo c’era un evidente problema: il raster era instabile e tendeva a diventare una linea orizzontale…
Si trattava evidentemente di una avaria dello stadio di deflessione verticale e dopo varie ricerche, appurai che il problema risiedeva nell’oscillatore, il cui funzionamento è affidato ad un trasformatore (T12) con nucleo in ferro dato che lavora a 50 Hz. La continuità e il fattore di merito o “Q” degli avvolgimenti che peraltro avevo già misurato nella ispezione preliminare erano OK, il problema stava nella dispersione del secondario verso massa. Dato che la tensione anodica è erogata al primario del trasformatore attraverso una resistenza da 330kohm, si comprende come una dispersione di 100 kohm potesse essere in grado di bloccare lo stadio.
Dato che la dispersione era presente solo tra secondario e massa ma non tra primario e secondario, prima di cercare un rimpiazzo o peggio il riavvolgimento, decisi di tentare il recupero.
Tentai dapprima di lasciarlo una notte in acqua distillata per vedere se sciogliendo le incrostazioni saline si discioglievano, ma senza successo. Procedetti quindi a smontarlo, rimuovendo il rocchetto, pulendolo per bene con la spazzola di ferro del Dremel, e immergendo infine per una notte il rocchetto nella vernice isolante. Alla fine del trattamento il problema sembrava risolto!
Dopo aver rimesso il pezzo al suo posto, all’accensione il raster era finalmente un rettangolo stabile:
Provai quindi a iniettare un segnale modulato in media frequenza per vedere se gli stadi video funzionavano, ma purtroppo sullo schermo si continuava a vedere solo e soltanto un raster grigio.
Inseguendo il segnale con l’oscilloscopio lungo la catena di amplificazione IF, non feci fatica a trovare che il problema risiedeva nello stadio demodulatore video:
Aprendo il relativo trasformatore di media frequenza non fu difficile identificare il guasto che risiedeva nel primordiale diodo rivelatore al germanio MR1.
Mi preme a questo punto sottolineare la mia esperienza nella sostituzione di questo diodo: la mia prima intuizione (corretta) fu quella di metterci un diodo della stessa fattura di quello originale “a baffo di gatto”, durante le varie prove tuttavia, “per la scienza” decisi di provare vari diodi moderni a giunzione, compresi schottky e diodi per microonde (1N4148, BAT41, HP2800…). Ebbene tutti questi diodi a giunzione, compresi quelli per microonde, compromettevano la visione, vuoi perché si perdeva definizione, vuoi perché creavano delle ombre su un lato dei contorni delle figure scure. Misurando con il ponte la capacità parassita del diodo, quello a baffo ha capacità praticamente non misurabile, mentre quelli a giunzione partono come minimo da 1.5pF, e questo, evidentemente in questo circuito a valvole con impedenze elevate, può dare un problema di taglio di frequenze, e quindi una riduzione della banda passante video.
Dopo aver ripristinato lo stadio con il diodo adeguato e verificato la presenza del segnale demodulato alla sua uscita, provai finalmente a iniettare un monoscopio:
L’immagine era ancora un po’ sfocata, ma il risultato era già emozionante…
Prima di proseguire, ritengo opportuno spiegare come iniettare il segnale via RF in questi TV: è necessario procurarsi un modulatore analogico, possibilmente con uscita VHF altrimenti servirà un convertitore, dotato di ingresso SCART o AV, e un normale decoder; se quest’ultimo avrà l’ingresso USB sarà possibile trasmettere immagini come il monoscopio RCA mostrato qui sopra, scaricato da internet.
Trasmettendo segnali con audio e video si vedeva chiaramente che il TV era completamente starato: immagini sfocate e audio disturbato e con la sintonia “scentrata” rispetto al video.
Tirai quindi fuori lo sweep generator della Unaohm e l’oscilloscopio in modalità X-Y e, seguendo la procedura indicata sul manuale di servizio iniziai il laborioso processo di messa a punto degli stadi IF video e audio e degli stadi RF e oscillatore.
La procedura prevedeva di accordare un dato circuito ad una data frequenza, ad ottenere una curva IF video con un andamento ben definito; purtroppo, probabilmente a causa dell’invecchiamento e del deterioramento dei componenti, seguendo la procedura non c’era modo di ottenre quel profilo ma sono riuscito comunque ad ottenerlo per aprossimazioni successive, probabilmente a scapito della sensibilità, ma tanto usando il modulatore direi che non è oggi un problema.
Dopo l’allineamento, il risultato è questo:
A questo punto rimanevano solo alcuni dettagli da sistemare: il TV originale aveva un curioso sistema di regolazione della EAT, mediante un varistore da 13.5kV della Metrosil, che qui ovviamente mancava. In pratica, in presenza di immagini più luminose, l’assorbimento del cinescopio è maggiore, con conseguente calo della EAT, che a sua volta comporta una minore “attrazione” del pennello elettronico verso lo schermo, con conseguente ingrandimento dello schermo, che varia leggermente in ampiezza al variare della luminosità (effetto “gigantismo”).
Il suddetto varistore vincola la EAT al valore di 13.5 kV, rendendo l’immagine perfettamente stabile. Ora, dato che è impossibile trovare un ricambio, ho pensato un po’ a come fare. Trovatomi ad un certo punto uno stock surplus di varistori tipo B72207S271K211 con tensione di innesco di 430V: facendo un breve conto me ne servivano 31 in serie. Il risultato è il seguente:
Ovviamente il tutto è meno semplice di quanto qui narrato, ad esempio per verificare il livello dell’alta tensione con il normale multimetro, ho dovuto realizzare una sonda dedicata con attenuazione 500:1, inoltre per chi come il sottoscritto non era abituato a lavorare con i TV, la presenza dell’alta tensione con i suoi sibili che variano soltanto respirandoci sopra è sempre qualcosa che inquieta… Ad ogni modo, dopo questo ripristino l’immagine era perfettamente stabile.
Anche il mobile è stato adeguatamente restaurato:
Concludo il report di questa riparazione con alcune immagini dell’esemplare ottimamente conservato in condizioni originali dell’amico Nicola Giampietro, grazie a cui sono stati possibili l’acquisto e il trasporto del TV nonché molte delle dritte hanno reso possibile il suo restauro.
2 pensieri su “Restauro televisore d’epoca Autovox TX212”
Complimenti mitico ex collega! Piacerebbe pure a me fare una report delle mie riparazioni più interessanti! Tu spieghi veramente bene, mi hai fatto capire in dettaglio come funziona la modulazione FM stereo, grande!
Bellissimo!
Il mobile esterno lo hai restaurato tu o lo hai portato a fare da un artigiano?